Monday 1 March 2010

Nuit nostalgique

While writing the story of my pilgrimage in Europe I stumbled upon a piece of writing I wrote two years ago, during my stay in Paris.
I read it again and i found it quite good, for this reason i don't feel like translate it, because it would lose a lot of its consistency and essence.



31 luglio 2008
Questa sera, sulla riva della Senna, a sinistra del Pont Neuf ho trovato un posto adatto a trascorrere la mia terza sera a Parigi.
Nonostante il cielo minacci tempesta c’è ancora qualche temerario che ha deciso di godersi la serata en plain air, e anche io sto qui, coi passanti che sfilano dietro la mia schiena e i battelli stracolmi di turisti davanti.
Parigi mi ha sorpreso. La sapevo città piena di vita, ma non mi sarei aspettata quell’aria giovane e accogliente che trasmette. Me l’aspettavo turistica, istituzionale, ingessata da quelle reglès spesse volte viste come unico rimedio ad un male che affligge da sempre le città: il degrado urbano.
Così mi è saltato alla mente un paragone, seppur ardito, con la “mia” Bologna.
Ecco, Parigi è la Bologna che ho sempre immaginato, ma non ho mai trovato. Quella Dotta, Grassa e Rossa città ha perso sia colore, sia acume intellettuale. Rimangono i tortellini, almeno per ora.
Partita come prima città universitaria d’Europa perde brillantezza e vita anno dopo anno. I giovani dal canto loro tendono sempre più ad appiattirsi, ad invecchiare senza tuttavia acquisire spessore ed esperienza.
Ma sono i giovani o la città la causa? Non lo so, forse un po’ tutti e due.
Fatto sta che Parigi, va in tutt’altra direzione, grazie al cielo.
Ieri sera le rive della Senna erano stracolme di parigini, di ogni età ed etnia. Come se facessero un sit-in di protesta per strappare la città ai turisti che ingombrano e a volte stonano con la sua originale essenza. Molti, anzi la gran maggioranza, erano giovani, così tanti da occupare un ponte intero. Ballavano, cantavano, bevevano seduti in cerchio, ma niente che lasciasse pensare a una qualche forma di degrado. Anzi. Tirava un’aria fantastica ieri sera; sapeva di libertà, sogni, amore.
Ora capisco quale è stato lo spirito che ha civilizzato l’Europa, quello che ha guidato la nazione fuori dall’ancien régime verso le rivoluzioni di cui la città si è messa a capo. Ecco la sua gran forza: saper coltivare i propri giovani permettendo loro di esserlo, giovani intendo. Tutti, tra i 18 e i 25 anni, dovrebbero passare per Parigi per capire cosa significhi esser giovani oggi, quali potenzialità/possibilità ha la nostra età, ma anche per capire, magari persi tra i vicoli del Marais, o seduti al bancone di una brasserie, cosa significhi essere giovani oggi, ma anche 40 anni fa, un secolo.
E allora, dopo una vacanza immersa in questa atmosfera, tornare a casa sarà difficilissimo, soprattutto se con la prospettiva di trasferirsi nella Verona dei divieti, dei picchiatori e delle bandiere verdi.
Senza rendermi conto un venticello rivoluzionario ha spazzato via le nuvole minacciose ed ora, scongiurato il temporale, sarà una notte calda e laboriosa.

E.

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